Intervista ad Anna Borschchevskaya, membro senior, The Washington Institute for Near East Policy, USA, da parte di Dimitri Loringett

La posizione strategica del Medio Oriente, al crocevia tra Europa, Asia e Africa, lo rende uno snodo vitale per il commercio globale, specie per i trasporti marittimi. Il perdurare della guerra di Israele contro Hamas nella Striscia di Gaza e ora quello paventato contro gli Hezbollah in Libano preoccupa molto anche il settore del commercio di materie prime, in Ticino rappresentato dalla Lugano Commodity Trading Association. In vista della Global Commodities Conference, che si terrà il prossimo 2 luglio al LAC, abbiamo parlato con la studiosa di politica estera Anna Borschchevskaya, esperta soprattutto di Russia e del suo ruolo in Medio Oriente.

Parte della conferenza di Lugano è dedicata alla situazione in Medio Oriente, dove lo scoppio della guerra a Gaza ha nuovamente allarmato il mondo del commercio globale per le possibili conseguenze di un’altra situazione di crisi. Quali?

«Nel complesso, la regione sta attraversando un periodo turbolento ed è improbabile che le cose cambino presto, quindi è importante prepararsi a una situazione di instabilità di lungo periodo. Questa regione si trova in corrispondenza di nodi strategici che hanno un impatto sul commercio marittimo. Si pensi per esempio a come i ribelli yemeniti Houthi nel Mar Rosso riescano, con il lancio di droni “economici”, a indurre gli Stati Uniti a reagire con l’utilizzo di armamenti più costosi. È probabile che altri avversari dell’Occidente possano prendere esempio dagli Houthi e trovare il modo di perturbare i commerci marittimi con simili approcci “a basso costo” per raggiungere i propri obiettivi strategici, che probabilmente includono ulteriori azioni per indebolire gli Stati Uniti e i loro alleati. Anche la Russia è presente nella regione, con la sua cosiddetta «flotta fantasma» che continua a trasportare petrolio in queste acque, seppur con rischi accresciuti. Queste navi, infatti, non sono coperte da assicurazione, il che fa aumentare considerevolmente i rischi associati al loro utilizzo».

Gli Stati Uniti sono chiamati a «risolvere» la complessa e fragile situazione in Medio Oriente, ma la loro influenza e ruolo di «polizia del mondo» sembrano diminuire. D’altra parte, nella regione ci sono interessi anche di altre potenze globali, tra cui quelli della Russia che, tuttavia, non è coinvolta nei negoziati per il cessate il fuoco a Gaza. Mosca potrebbe fare di più (o qualcosa) per contribuire a stemperare le tensioni?

«Che l’influenza degli Stati Uniti sia in declino oppure no, Putin vuole cambiare l’ordine mondiale rafforzando il potere e l’influenza russa per indebolire l’Occidente. La Russia di Putin ha sempre visto il Medio Oriente come un campo per competere con l’Occidente. Infatti, l’intervento militare di Mosca in Siria alla fine del 2015 ha rappresentato una sfida all’ordine mondiale liberale. La Russia mira a un mondo multipolare e ha usato il Medio Oriente per raggiungere tale obiettivo. Per anni la Russia si è posizionata come mediatore nella regione, come qualcuno in grado di parlare con tutte le parti. Ma in realtà si è sempre avvicinata alle forze antiamericane della regione, ovvero l’Iran e i suoi alleati insieme al regime di Assad. La risposta della Russia al 7 ottobre, tuttavia, ha segnato una rottura con questo approccio. Putin ha dimostrato di non essere amico di Israele. Non ha condannato direttamente Hamas, anche se sono stati uccisi cittadini russi. Al contrario, Putin ha incolpato gli Stati Uniti per i problemi nella Striscia. La Russia ha anche sfruttato il caos che ne è derivato a suo vantaggio e ha lavorato per intensificarlo ulteriormente, perché ne trae vantaggio su più fronti, tra cui quello di distogliere l’attenzione dell’Occidente dall’Ucraina. La Russia era anche amareggiata per gli sforzi di normalizzazione in corso tra mondo arabo e Israele, perché erano stati negoziati dagli Stati Uniti. La Russia è stata contenta di vedere questo accordo messo in pericolo e ha lavorato per alimentare il sentimento antisraeliano nel mondo arabo. In questo contesto è difficile capire quale ruolo positivo possa svolgere la Russia per contribuire a risolvere la guerra israelo-palestinese. Israele a questo punto, vista la risposta della Russia al 7 ottobre, è improbabile che veda Mosca come un mediatore neutrale, ma lo scopo di qualsiasi mediazione russa non è quello di arrivare a una vera risoluzione. Non ha la capacità né il desiderio di trovarla».


L’Iran è il nemico dichiarato di Israele ed è anche un alleato strategico della Russia. Cosa significa questa alleanza per la (in)stabilità della regione del Medio Oriente?

«La Russia trae vantaggio dal perpetuarsi di un conflitto a bassa intensità. Per la prima volta nella storia tra i due Paesi, la Russia si trova a dipendere dall’Iran, in particolare dai droni iraniani, che la Russia utilizza per gli attacchi contro obiettivi ucraini. Ciò significa che il partenariato strategico con l’Iran non solo si approfondirà, ma la Russia probabilmente si spingerà oltre rispetto a quanto avrebbe fatto prima dell’invasione dell’Ucraina. Ciò significa che Russia e Iran insieme probabilmente coopereranno maggiormente per alimentare le tensioni e il caos nella regione, a scapito degli interessi occidentali».


Quanto è alto il rischio di una guerra che si estenda al Golfo Persico?

«La guerra è destabilizzante a prescindere. Quindi, anche se c’è sempre un rischio, un Paese di solito preferisce limitare la guerra. Questo è vero in generale, come lo è per la guerra della Russia contro l’Ucraina, almeno in questo momento. La Russia preferirebbe infatti non combattere una guerra diretta con la NATO o gli Stati Uniti. Riguardo all’Iran, non sembra che Teheran voglia una guerra su larga scala ma piuttosto un conflitto continuo. È infatti più facile gestire un conflitto a bassa intensità rispetto a uno su larga scala – cosa che preferirebbe anche la Russia, dato che non vorrebbe essere messa nella condizione di dover impegnare oltre misura le risorse di cui ha bisogno per combattere la guerra in Ucraina».

A proposito di Ucraina: al di là della propaganda e delle accuse dell’Occidente, quanto è reale la minaccia che la Russia estenda la sua azione militare oltre la Crimea e gli altri territori dell’Ucraina orientale che ha occupato?

«Innanzitutto, vorrei dire che sono gli stessi funzionari russi ad aver chiarito che i loro obiettivi finali vanno oltre l’Ucraina. Anche le loro attività di destabilizzazione in Moldavia, Georgia e nei confronti dei membri della NATO sollevano legittime preoccupazioni. Inoltre, la Bielorussia è ufficiosamente coinvolta da molto tempo. Le minacce nucleari hanno anche lo scopo di dissuadere l’Occidente da ulteriori azioni. Putin presenta la guerra come una battaglia esistenziale in cui l’Occidente avrebbe attaccato la Russia usando l’Ucraina. Dal punto di vista del Cremlino, quindi, si tratta di una battaglia globale. È certamente possibile che se Putin ritiene che la guerra stia andando male possa diventare più aggressivo come parte della gestione dell’escalation, per spostarsi in altri Paesi».

È davvero nell’interesse dell’Occidente avere la Russia come nemico?

«È la Russia che vede l’Occidente come un nemico. L’Occidente, al contrario, per anni ha adottato misure per integrare la Russia, per rispondere alle sue preoccupazioni e ha chiuso gli occhi di fronte al suo comportamento aggressivo. Per esempio, la NATO aveva istituito uno speciale Consiglio Russia-NATO proprio per includere Mosca nelle discussioni sull’allargamento della NATO. Putin, da parte sua, non ha mai pagato un prezzo per la sua aggressività, dalla Georgia nel 2008, alla Crimea nel 2014, alla Siria nel 2015. Questi passi lo hanno portato a concludere che l’Occidente è debole e non si opporrà a ulteriori aggressioni. Putin sta combattendo una guerra con l’Occidente da anni. Non si tratta di una guerra convenzionale diretta, ma comunque di una guerra. Ci è voluta l’invasione dell’Ucraina perché l’Occidente iniziasse a riconoscerlo e a rivalutare i suoi presupposti fondamentali sulla Russia».


È lecito affermare che, una volta cessati i combattimenti e qualunque sia l’esito del conflitto (che, come sostengono molti analisti, non avrà né un vincitore né un vinto), la frattura tra Occidente e Oriente è così profonda che ci vorrà almeno una generazione per cambiare la narrazione e recuperare la fiducia tra i due blocchi?

«La Russia non ha mai fatto i conti con l’Holodomor (la carestia provocata per mano dell’uomo in Ucraina che causò diversi milioni di morti dal 1932 al 1933, ndr). Ciò che sappiamo dalla storia della Seconda guerra mondiale è quanto sia difficile far accettare a un Paese di aver perpetrato un genocidio. Nel caso della Germania, ci sono voluti non solo la perdita della guerra, ma anche molti anni di occupazione americana. Non sappiamo come finirà la guerra e quando, ma è lecito pensare che fino a quando la Russia non farà i conti con il suo passato, ci vorrà molto più di una generazione per superare questa enorme frattura».

Articolo pubblicato inizialmente sul Corriere del Ticino, 28.06.2024



On June 24, 2024, the European Union (EU) adopted a further package of sanctions against Russia, targeting the Country’s gas sector for the first time and imposing an array of new measures.

The so-called 14th package of measures targeting Russia is set out in the Regulation (EU) 2024/1745 and includes, among others, the following elements:

Energy

  • Russian LNG transshipment through EU ports is prohibited following a 9-month transition period
  • Russian LNG cannot be imported into terminals that are not connected to EU gas pipelines
  • prohibition on future investments and exports to LNG projects under construction, such as Arctic LNG 2 and Murmansk LNG
  • List of vessels supporting the Russian warfare and the energy sector and that have been banned from port entry and service provision.

Anti-circumvention measures

  • EU parent companies must prevent their subsidiaries in third countries from engaging in sanctions-violating transactions;
  • EU companies must conduct due diligence to prevent common high priority (CHP) goods from entering Russia and ensure that their foreign subsidiaries trading in CHP goods follow suit;
  • EU companies may not be protected from liability if they did not comply with due diligence responsibilities, even if they had no reasonable suspicion of violating EU sanctions (see Decision (CFSP) 2024/1744);
  • Individuals can face prosecution for both willfully circumventing EU sanctions and participation in such transactions; this also applies if the individual suspects or tolerates that sanctions are being circumvented.

Additional listings

  • There are 116 further listings of 69 individuals and 47 entities with asset freezes and travel bans. The listings cover a wide range of Russian government sectors, including military companies, space engineering firms, chemical and explosive companies, and significant Russian energy companies.

Financial sector

  • EU banks outside Russia are prohibited from using the Financial Messaging System of the Central Bank of Russia (SPFS), the Russian equivalent of SWIFT, to connect and carry out transactions;
  • Transactions with third-country banks using SPFS are prohibited;
  • Prohibition of transactions with Russian and third-party banks and crypto assets providers facilitating transactions supporting Russia’s defense-industrial base.

Trade

  • Extension of the export restrictions on dual use/advanced technology items;
  • Reinforced export bans on for vital sectors for Russia’s military economy, including chemicals, plastics, vehicles parts and machinery;
  • Import ban on helium;
  • Extension of the Common High Priority (CHP) list;
  • Finetuning of the import ban on Russian diamonds.

Transport

  • Prohibition of port access and services for listed vessels;
  • Current EU road transport undertakings owned 25% or more by Russian individuals are prohibited from transporting goods into the EU; companies owned 25% or more by Russian individuals are also barred from becoming EU road transport undertakings

Useful links:
Q&A 14th package of restrictive measures against Russia (europa.eu)



La SSR ha bisogno di risorse finanziarie sufficienti per poter fornire un’offerta giornalistica equivalente in tutte le regioni linguistiche. Su questa base il Consiglio federale respinge l’iniziativa federale “200 franchi bastano!” e propone una riduzione graduale del canone radiotelevisivo a carico delle economie domestiche e un aumento del limite per il pagamento del canone a carico delle imprese.

Nella seduta del 19 giugno, il Consiglio federale ha deciso di respingere l’iniziativa popolare “200 franchi bastano! (Iniziativa SSR)” che intende ridurre il canone radiotelevisivo per le economie domestiche dagli attuali CHF 335 a CHF 200 ed esentare completamente le imprese dall’obbligo di pagamento. Secondo il Consiglio federale, questa iniziativa è eccessiva e la SSR ha bisogno di risorse sufficienti per fornire un’offerta giornalistica equivalente in tutte le regioni linguistiche.

Il Consiglio federale intende comunque sgravare le economie domestiche e le imprese e propone quindi la riduzione graduale del canone radiotelevisivo a carico delle economie domestiche e un innalzamento del limite di pagamento del canone a carico delle imprese. Per le economie domestiche, il canone passerà dagli attuali CHF 335 a CHF 312 a partire dal 2027 e a CHF 300 dal 2029. Per le imprese, a partire dal 2027 il limite di pagamento passerà dagli attuali CHF 500’000 di fatturato annuo a CHF 1,2 milioni. Le categorie tariffarie superiori resteranno per contro invariate.

La parola passa ora al Parlamento.

Fonte: Comunicato stampa del Consiglio federale, 19.06.2024



The European Union’s Critical Raw Materials Act (CRMA), issued as Regulation (EU) 2024/1252, took effect on May 23, 2024.

The primary goal of the CRMA is to maintain and provide a secure and sustainable supply of Critical Raw Materials to the European Union. Annexes 1 and 2 to the Regulation list 34 critical materials, 17 of which are considered strategical because their demand is set to increase exponentially, as they are crucial for both the green and the digital transitions as well as for industrial value chains in general, and for strategic technologies in areas such as space and defense in particular: aluminium/bauxite/alumina*, coking coal, lithium*, phosphorus, antimony, feldspar, light rare earth elements*, scandium, arsenic, fluorspar, magnesium, silicon metal*, baryte, gallium*, manganese*, strontium, beryllium, germanium*, natural graphite*, tantalum, bismuth*, hafnium, niobium, titanium metal*, boron*, helium, platinum group metals*, tungsten*, cobalt*, heavy rare earth elements*, phosphate rock, vanadium, copper*, nickel*
(*strategic raw materials).

These materials are found in a variety of common appliances and in products essential to the EU’s economy, including smartphones, electric vehicles, wind turbines, semiconductors, and planes. For certain critical raw materials, the EU relies completely on one country, such as: heavy rare earth elements (100% from China), boron (98% from Turkey), or platinum (71% from South Africa).

The CRMA recognizes the dependence on Critical Raw Materials for the European internal market and economies, considers the high concentration of such raw materials within few third countries as a potential risk to their supply, and sets a multifaceted approach to both strengthen the value chain of these raw materials and cover their annual consumption by 2030:

  • >10% domestic extraction
  • >40% domestic processing
  • >25% recycling
  • <65% single-source (in this regard, the EU is already forming strategic alliances and encouraging raw mineral partnerships).


The Federal Council adopted the dispatch on strengthening the existing anti-money laundering framework on May 22, 2024, with the goal of reinforcing Switzerland’s integrity and competitiveness as a financial and business location through a federal register of beneficial owners and due diligence for particularly risky legal professions, among other provisions.

The bill’s key provisions are:

  • introduction of a federal registry (transparency register) requiring companies and other legal entities in Switzerland to provide information about beneficial owners, with simplified registration for associations, foundations in particular, sole proprietorships and limited liability companies. The registry aims to prevent legal entities in Switzerland from being used to launder money or hide assets. The Federal Department of Justice and Police will manage the registry, which will not be publicly available;
  • anti-money laundering due diligence regulations should apply to certain advising activities (particularly legal advice) that pose a significant risk of money laundering. The structuring of companies and real estate transactions are seen as highly risky. Professional secrecy for legal professions is preserved;
  • there are further efforts to reinforce the anti-money laundering framework. These include measures to prevent embargo-related sanctions from being violated or circumvented. Cash payments above CHF 15’000 in precious metals trading and without a limit in real estate transactions will be subject to due diligence obligations.

The bill will now be tabled in Parliament. It is unlikely to take effect before early 2026. The steps are in line with the Financial Action Task Force’s international standards for combating money laundering and terrorist financing, as well as the Global Forum’s recommendations.

Implications for SMEs

Swiss firms and legal entities are required to register their beneficial owners in the federal transparency registry, with a simplified approach for most, such as sole proprietorships, limited liability corporations, foundations, and associations. The proposed rules will impose a moderate burden, requiring 20 minutes of work for the first year, and reducing to a few minutes in subsequent years.

Useful links

Press release by the Federal Council dd. May 22, 2024
Fact sheet: Switzerland strengthens anti-money laundering framework (PDF)



Nell’ambito delle sue attività, Lugano Commodity Trading Association (LCTA) promuove il miglioramento delle condizioni quadro e l’attrattiva del Cantone Ticino, sia per le aziende operanti nel settore delle materie prime sia per i loro fondatori e collaboratori. Il Ticino è uno dei cantoni con le aliquote fiscali più alte per i cittadini, il Consiglio di Stato ha ora proposto un pacchetto di misure a loro favore. Gli elettori si recheranno alle urne il 9 giugno 2024, la LCTA raccomanda di votare SÌ alla Riforma fiscale.

La Riforma fiscale, che mira a modernizzare il sistema fiscale, a estendere i benefici a diversi tipi di famiglie e a ridurre l’onere fiscale per i dipendenti, può essere riassunta come segue:

  • aumento delle deduzioni per le spese professionali da 2’500 a 3’000 franchi per il 2024 e il 2025 e a 3’500 franchi a partire dal 2026;
  • riduzione delle aliquote in caso di donazione, eredità o successioni aziendale; introduzione di una nuova quota esente di 10’000 franchi; misure di sgravio in caso di successione aziendale;
  • riduzione un’aliquota massima del 3% dell’imposizione dei capitali provenienti dalla previdenza;
  • riduzione graduale dell’aliquota massima dell’imposta sul reddito dal 15,076% al 12% in 6 anni;
  • riduzione lineare delle aliquote dell’imposta sul reddito delle persone fisiche a partire dal 2024 per compensare l’aumento del moltiplicatore al 100% (la riforma coincide con il ritorno del coefficiente d’imposta cantonale al 100% il 1° gennaio 2024, dopo essere stato ridotto temporaneamente al 97% negli anni 2020-2023).

LCTA sostiene l’iniziativaPer evitare aumenti d’imposte a tuttie raccomanda ai suoi membri di votare SÌ.




Sono 13 i professionisti che possono fregiarsi, per primi in Ticino e in Svizzera, del titolo di “Certified Commodity Trading Specialist SAQ”, una certificazione professionale promossa dalla Lugano Commodity Trading Association in collaborazione con Alma Impact AG e riconosciuta dalla Swiss Association for Quality SAQ.

La cerimonia

Si è svolta, il 2 maggio, la cerimonia di consegna dei diplomi “Certified Commodity Trading Specialist SAQ”, formazione promossa dalla Lugano Commodity Trading Association (LCTA) ed erogata da Alma Impact AG, società specializza nella formazione professionale e manageriale.

A margine della cerimonia è intervenuta Alessandra Gianella, Co-presidente della Swiss-Chinese Chamber of Commerce (SCCC) – Ticino Chapter per un’analisi delle dinamiche geopolitiche a livello internazionale ed il ruolo della Cina.

Di seguito l’elenco dei diplomati 2024:

Albert Sara, Arnold Ramona, Bignasca Sebastian, Brognoli Camilla (premiata da “Ticino Economico” per aver ottenuto il miglior voto all’esame finale), Coffa Eugenia, Deini Nathalie, Fornoni Paolo, Ghersi Davide, Martins Fabrizio, Origgi Alice, Pilato Valentina, Sarraggiotto Thomas.

Il corso di Certified Commodity Trading Specialist

Il corso, di 60 ore, si è tenuto nelle aule dell’Università della Svizzera italiana (USI) ed è stato condotto interamente in inglese, lingua di riferimento per chi opera nel settore del commercio internazionale di materie prime. Una quindicina i partecipanti alla prima edizione, quasi tutti già attivi professionalmente in società operanti nel settore del commodity trading o in aziende che offrono servizi di supporto, quali banche, assicurazioni, società di shipping, società di revisione, studi legali e fiduciari. “Il corpo docenti è composto da professionisti del settore, con una vasta esperienza internazionale. L’obiettivo è fornire ai partecipanti una conoscenza a 360° gradi del commercio di materie prime, affinché quanto appreso possa essere immediatamente applicato sul posto di lavoro” spiega Matteo Somaini, presidente LCTA e membro dell’Advisory Board del corso, assieme ad altri esperti del settore come Fabiano Manfredi, Yan Blitshteyn, Marco Passalia e Alberto Stival (in rappresentanza di Alma Impact).

L’edizione 2024

Sono già aperte le iscrizioni alla prossima edizione del corso, che si svolgerà dall’11 ottobre 2024 all’11 gennaio 2025 (in modalità ibrida, ossia con lezioni in aula e online), il 1° giugno scade il termine per potersi iscrivere beneficiando di una tariffa scontata (early booking) mentre il 21 maggio, dalle 11.45 alle 12.30, è previsto un webinar di presentazione del corso (eventuali interessati possono inviare una e-mail ad academy@alma-impact.ch).

Maggiori informazioni sono disponibili qui

Contatti

ALMA Impact AG
Alberto Stival, Partner and Founder
Via Ciseri 3
6900 Lugano, Switzerland
Tel.: +41 (0)78 893 17 61

LCTA – Lugano Commodity Trading Association
Monica Zurfluh, Secretary General
Via Maggio 1
6900 Lugano, Switzerland
Tel. +41 (0)79 220 40 71



Due diligence and transparency obligations in the area of minerals and metals from conflict zones and child labour as well as non-financial reporting obligations came into force in Switzerland on January 1, 2024. On March 15, 2024, the Council of the European Union approved the Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CS3D), which will affect both EU and non-EU companies with a significant turnover in the EU. In an increasingly complicated legislative framework, businesses must have the necessary tools in place to meet legal requirements and conduct focused due diligence.

Swiss Regulations

Following the rejection in 2020 of the Swiss popular initiative on mandatory environmental and human rights due diligence (commonly referred to as the “Responsible Business Initiative, RBI)”, the counterproposal sponsored by the Swiss Federal Council in the form of an amendment to the Swiss Code of Obligations came into force on January 1, 2024, providing non-financial reporting obligations as well as due diligence and transparency obligations in the area of minerals and metals from conflict zones and child labor.

Non-financial reporting obligations

As per Ordinance on Climate Disclosure (Italian version), starting from the fiscal year 2023, public companies, banks and insurance companies with 500 or more employees and at least CHF 20 million in total assets or more than CHF 40 million in turnover are obliged to report on non-financial matters and disclose publicly environmental, social, labor, human rights and corruption risks, as well as steps taken to address them (see Articles 964a-964c of the Code of Obligations).

Companies fulfilling these requirements but are controlled by a company falling within the abovementioned scope of application or having to prepare an equivalent report under foreign law, are exempt from the non-financial reporting obligations.

Due diligence and transparency in relation to metals and minerals from conflict zones and child labour

Companies exposed to risks in the sensitive areas of child labor and minerals from conflict zones must meet specific due diligence and reporting requirements if the thresholds for the import and processing of minerals and metals from conflict zones, set out in Annex I of the Ordinance on Due Diligence and Transparency Obligations in relation to Minerals and Metals from Conflict-Affected Areas and Child Labor (DDTrO) are exceeded (also see Articles 964k-964l of the Code of Obligations).

The minerals category includes ores, gold and concentrates containing tin, tantalum or tungsten. Metals are those containing or consisting of tin, tantalum, tungsten, or gold – also in form of by-products.

Due diligence obligations include implementing and maintaining a management system as well as establishing a supply chain policy and a supply chain traceability system.

The OECD Due Diligence Guidance for Responsible Supply Chains of Minerals from Conflict-Affected and High-Risk Areas and the Regulation (EU) 2017/821 serve as reference.

The Swiss Federal Council is now analyzing the implications of the European Union’s Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CS3D) for Swiss companies and is expected to decide on the next steps to take once the final version of the CS3D is released and the mechanisms by which the EU Member States will implement this Directive are known.

The EU CS3D

Following two failed attempts to gain approval, on March 15, 2024, the Council of the EU adopted a heavily watered-down version of the Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CS3D), requiring EU and non-EU companies with activities in the EU to carefully manage social and environmental impacts throughout their entire supply chain. The next stage is for the EU Parliament to approve this “compromise text” (likely in April 20024). If approved, the CS3D regulations will then apply to companies with at least 1’000 employees and a turnover in the EU of €450 million, rather than 500 employees and a turnover of €150 million, as previously proposed by the Commission. Lower thresholds for high-impact businesses, such as textile manufacturing, food production, mineral extraction, and construction, have been eliminated. Although SMEs are not included in the scope of the Directive, they could be impacted by its provisions as contractors or subcontractors to the companies which are in the scope

Legislation in some Member States, such as Germany (Supply Chain Due Diligence Act or “Lieferkettengesetz”), France (Duty of Diligence Act or “Loi sur le devoir de vigilance”) or the Netherlands (Child Labor Due Diligence Act, or “Wet Zorgplicht Kinderarbeid”, and the draft supply chain law), will need to be adapted to CS3D. Businesses would be expected to be far more attentive when it comes to suppliers.

Source: SUISSENÉGOCE, completed by LCTA. This article was originally published on the LCTA website on March 14, 2024 and edited on March 19, 2024.



Il 31 gennaio 2024 il Consiglio federale ha adottato ulteriori misure contro la Russia, attuando di fatto il 12° pacchetto di sanzioni dell’Unione europea.

Le nuove disposizioni prevedono, tra le altre, un divieto graduale di acquisto e di importazione di diamanti russi, ulteriori misure a sostegno dell’applicazione dei limiti massimi di prezzo per il petrolio greggio e i prodotti petroliferi russi (oil price cap) e per contrastare la loro elusione, obblighi di notifica e di autorizzazione per la vendita di navi cisterna che possono essere utilizzate per aggirare i massimali di prezzo.

Dal 20 marzo 2024, per gli esportatori vigerà l’obbligo di vietare contrattualmente ai loro partner stabiliti al di fuori dello SEE o di un Paese partner (Australia, Canada, Corea del Sud, Giappone, Norvegia, Nuova Zelanda, Regno Unito e Stati Uniti) la riesportazione dei beni elencati negli allegati 3 e 19 dell’Ordinanza che istituisce provvedimenti in relazione alla situazione in Ucraina e di beni ad alta priorità elencati nell’allegato 31 verso la Russia o per l’uso in Russia. Devono essere altresì previste contrattualmente misure correttive adeguate per i casi di violazioni. Tali violazioni devono essere notificate immediatamente alla SECO. L’obbligo non si applica agli affari concordati contrattualmente prima del 1° febbraio 2024 ed eseguiti entro il 20 dicembre 2024 o i cui contratti sono scaduti, a seconda dell’evento che si verifica per primo.

L’Ordinanza che istituisce provvedimenti in relazione alla situazione in Ucraina aggiornata al 1° febbraio 2024 può essere consultata qui.

La SECO ha aggiornato anche il suo documento interpretativo delle sanzioni con particolare riferimento (ma non limitatamente) a:

  • rispetto dell’art. 12b cpv 4 lett. b e cpv. 5 (petrolio greggio e prodotti petroliferi): la SECO fa riferimento alle FAQ della Commissione UE sull’attuazione dei regolamenti del Consiglio dell’UE 269/2014 e 833/2014, in particolare alle spiegazioni contenute nel capitolo E “Energy”, punto 5 “Oil Price Cap”, sezione 7 “Attestations, recordkeeping and itemised ancillary costs”. Queste spiegazioni indicano quali informazioni e documenti sono adatti per le prove corrispondenti;
  • prova attestante il Paese di origine terza dei beni siderurgici di cui all’allegato 17 impiegati come fattori produttivi (art. 14a): dal 1° marzo 2024, tale prova va indicata come documento (codice documento Y824) nella rubrica “Documenti” della dichiarazione doganale. Il documento deve essere presentato su richiesta all’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC) insieme agli altri documenti doganali di accompagnamento.

Il documento interpretativo della SECO (FAQ) può essere consultato qui.



Il Regno Unito introdurrà un proprio meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM) entro il 2027.

Lo ha annunciato il Cancelliere dello Scacchiere britannico Jeremy Hunt lo scorso 18 dicembre 2023 in un comunicato stampa, confermando che saranno colpiti ferro, acciaio, alluminio, fertilizzanti, idrogeno, ceramica, vetro e cemento, la cui produzione è particolarmente energivora, se importati da Paesi terzi. Ulteriori dettagli, tra cui l’elenco preciso dei prodotti che rientreranno nel campo di applicazione del CBAM saranno oggetto di consultazione nel 2024. Si delinea tuttavia già un ambito di applicazione più ampio rispetto all’omologo europeo.

La responsabilità applicata dal CBAM dipenderà dall’intensità delle emissioni di gas serra del bene importato e dalla differenza tra il prezzo del carbonio applicato nel Paese di origine (se presente) e il prezzo del carbonio che sarebbe stato applicato se il bene fosse stato prodotto nel Regno Unito.

Fonte: Factsheet: UK Carbon Border Adjustment Mechanism

La responsabilità del CBAM ricadrà direttamente sull’importatore dei prodotti importati che rientreranno nel campo di applicazione del CBAM, sulla base delle emissioni incorporate in tali prodotti. Il sistema non prevede l’acquisto o lo scambio di certificati di emissione, per contro lavorerà in modo coerente con il sistema ETS britannico per garantire che i prodotti importati siano assoggettati a un prezzo del carbonio paragonabile a quello sostenuto dalla produzione britannica, attenuando così il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato su www.cc-ti.ch il 18.01.2024

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