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Imprese responsabili “Un’iniziativa che soffoca le iniziative”

Articolo

di Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti

L’iniziativa in votazione il prossimo 29 novembre ed esposta come “multinazionali responsabili”, si chiama in realtà per “imprese responsabili”.
Differenza da non sottovalutare e che deve fare riflettere a fondo, perché significa che le regole supplementari non sarebbero imponibili solo ad alcuni giganti, frequentemente considerati come “poco simpatici”, bensì a tutte le aziende svizzere attive direttamente o indirettamente in ambito internazionale. Piccole e medie imprese comprese.

I dati parlano chiaro: sono almeno 80’000 le aziende svizzere che esercitano attività potenzialmente coinvolte a livello internazionale, di cui 5’364 solo in Ticino. Dati evidenziati dal Consiglio federale e non contestati.
Sarebbe quindi una percentuale importante dell’economia svizzera e ticinese a doversi confrontare con l’applicazione dell’irrazionale supplemento di regole previste dall’iniziativa. Ad esempio, citiamo la presunzione di colpevolezza. Le violazioni non dovrebbero più essere comprovate da chi le invoca, bensì vi sarebbe l’obbligo per le imprese chiamate in causa di dimostrare la propria innocenza, a fronte anche solo di pure illazioni. Supposizioni che comporterebbero danni reputazionali di entità incalcolabile e a prescindere dall’esito delle procedure. Danni basati su semplici accuse e, per la stragrande maggioranza dei casi, mai realmente concretizzabili davanti alle istanze giudiziarie.
Nessuno, il mondo economico del nostro Paese in primis, intende spalleggiare chi non rispetta i diritti umani o l’ambiente, atteggiamento indifendibile. Ma proprio l’eccellente reputazione internazionale delle aziende svizzere (o anche semplicemente con sede in Svizzera) ha ampiamente dimostrato che questa sensibilità è già molto sentita oggi e presa a carico. Tutti coloro che tradiscono questa serietà umana e aziendale è giusto che scontino i propri sbagli e rispondano secondo le regole vigenti della nazione ospitante, come già succede attualmente. Non necessitiamo di altre regole.

Chi opera in ambito internazionale è attualmente, e già da tempo, confrontato con tutta una serie di norme complesse e decisamente severe, sia per le proprie attività sul piano nazionale che internazionale. Un esempio: il settore delle raffinerie d’oro, molto presente in Ticino, spesso criticato e accusato arbitrariamente, è un settore che deve sottostare a decine di regole molto ferree e considerate all’avanguardia sia sul tema della sostenibilità ambientale che sociale.
Se, come prevede il testo dell’iniziativa in votazione, le aziende svizzere dovessero essere dichiarate responsabili della condotta non solo delle imprese da loro direttamente dipendenti e controllate, ma anche di quelle accostate a qualsiasi relazione d’affari, ben si capisce come questo vincolo renderebbe di fatto impossibile la maggior parte delle collaborazioni, in quanto controlli di questo genere sono assolutamente inattuabili.

Un altro esempio: pensiamo che un IPhone conta ca. 10’000 componenti e 40 materie prime, con fornitori per ogni categoria che possono variare a seconda dei mercati e quindi, spesso, addirittura quotidianamente. Le stesse caratteristiche valgono anche per molti prodotti industriali prettamente elvetici.
A loro volta i fornitori fanno capo a catene proprie, anche quelle spesso site nell’area internazionale. L’immensa difficoltà della ricerca di continui riscontri nella fitta rete di contatti di lavoro dimostra che l’applicazione dell’iniziativa sarebbe solo un ulteriore ostacolo esasperato per le aziende 2 svizzere (e oltretutto solo per le nostre realtà), non risolvendo o alleviando comunque le eventuali problematiche legate alla protezione dei diritti umani e dell’ambiente.

Il controprogetto del Parlamento, che entrerebbe in vigore in caso di rigetto dell’iniziativa, costituisce di fatto, una sufficiente supplementare base legale restrittiva, che pone la Svizzera eticamente all’avanguardia nel contesto mondiale.

17 Novembre 2020
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